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MELE e MONDI, 2008-2009

Serie di 3 opere

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Dada Knorr su “Close to Haven” e “Live or cook”, Dicembre 2008

 

Scusa, chi sono io per te? Sono quello che sai di me? Ciò a cui ti servo? Un appunto nella tua agenda, una stringa nel web? Chissà...

Me lo sono chiesto, io chi sono, facendo chilometri, essendo dappertutto, aprendomi al mondo; più occhi mi guardavano e più mi interpretavano, ed io giravo il caleidoscopio di me cercando di fissare un’ immagine. Tutto non lo ricordo perché più il tempo passava più divenivo mille alterità.

 

Così sono ripartito, per entrare in quel mondo patinato, nel quale l’immagine è tutto, a ricercare.

E’ un posto speciale, che esce da rotative galattiche, curato da mille click, in quadricromie di pixel.

E’ un mondo caduco e veloce, che cambia ad ogni pagina ed ogni settimana per milioni di occhi di insetto. E’ facile farlo fermare, bastano mani di forbice, ma il delitto è vietato, si può solo accennare. E’ fatto di dimensioni che s’intrecciano, attraverso le quali tu passi tagliandole, e in un istante scompaiono per ricomporsi altrove.

 

Lì abitano esseri femminili dotati di energia sovrumana. Sono le icone di un tempo, madonne che divengono androidi, precise e funzionali perché in quel multiverso tra le cose che contano ce n’è una importante: adattarsi allo scopo. Ma quale?

Esse reggono e gestiscono il flusso infinito della fame delle bocche e degli occhi, con moderne cornucopie distribuiscono immagini glamour, seni turgidi, praline al cioccolato, flan al formaggio.

Es se predicono il futuro con dadi che rotolano senza gravità. E’ tutto così bello e ingannevole! La loro forza di arcane divinità ci nutre. Riesco a vederle non visto.

 

A volte le loro mani ramificano, operose nello stabilire format e prodotti, i confinidelle scollature e la larghezza degli sguardi. Qua e là una carta da parati romantica e qualche decorazione in zucchero rende ameni questi luoghi. Nasconde il rumore degli ingranaggi un paffuto usignolo, mentre le dee distribuiscono come per caso i loro allucinogeni.

Qui abita il Re pomodoro, la mutazione genetica dell’Atleta, l’Ordigno nucleare, il Mascara super coprente. Questo è il luogo di tutte le più pratiche e totali finalità.

 

Ed io? Mi fingo un cannibale ben educato e mi lascian passare, giù, fino all’uomo di pelle di lucertola, che niente può scalfire. Eccolo, col suo dna ricombinante, altri non è che un essere umano in malafede, lo so. Ma lui crede di essere un inscalfibile, eterno dio di titanio. Per fortuna qui niente ha occhi, quindi fuggo, mi eclisso, cado, come un’Alice bambino tra tunnel di bignè farciti e mele lucidate, scendo tra grattacieli e cieli azzurrini, poi rotolo e mi trasformo nel Charlot di Tempi moderni, perduto tra gli ingranaggi, con nelle mani colla e forbici.

 

Guardando sù riesco solo vedere una molecola di zucchero che fluttua nello spazio a 26mila anni luce, la Madre di Gaia e di ogni budino nelle sue nuvole gravide di pioggia lontane lontane. Ma qui siamo chiusi al cielo, da questo cielo non pioverà nulla di dissetante. Mai. Qualche goccia di Eau de parfum cade creando perle trasparenti sulla pelle di Naomi. Qui vivono i semidei ed i prototipi. La pioggia, come il senso delle parole, sono vietate in questa alterità.

 

Io che sono una foglia d’argento, fatta da un albero abbattuto qua, e che vorrebbe inseguire il vento,

e forse ce la fa... eccomi fuori, sono di fianco a te.

 

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